RELAZIONE PLATONICA SU FACEBOOK: SECONDO LA CASSAZIONE NON COSTITUISCE VIOLAZIONE DEL DOVERE DI FEDELTA’ AI FINI DELL’ADDEBITO DI RESPONSABILITA’ DELLA SEPARAZIONE

L’art. 151 del codice civile, al secondo comma, prevede che “Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”. Affinché si possa giungere ad una sentenza di separazione con addebito è poi necessario che sia stata preliminarmente accertata in maniera rigorosa la sussistenza del nesso causale tra la condotta contraria ai doveri matrimoniali e l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza o del grave pregiudizio all’educazione della prole (due presupposti della richiesta di separazione codificati al comma primo del citato articolo). Va da sé quindi che il giudice non potrà che astenersi dal pronunciare la sentenza di separazione con addebito, qualora non sia stata raggiunta la prova che la condotta di uno dei coniugi sia stata la causa diretta del fallimento della convivenza. Inoltre, il comportamento che per la sua gravità dà luogo e legittima una pronuncia in tal senso, oltre che essere contrario ai doveri di cui all’art. 143 c.c. deve altresì essere caratterizzato dalla coscienza e volontarietà dell’agente nel porlo in essere, oltre che causa diretta della crisi coniugale. La Corte di Cassazione precisa invero come: “ai fini dell’addebitabilità della separazione il Giudice di merito deve accertare se la frattura del rapporto coniugale sia stata provocata dal comportamento oggettivamente trasgressivo di uno o di entrambi i coniugi, e quindi se sussista un rapporto di causalità tra detto comportamento ed il verificarsi dell’intollerabilità dell’ulteriore convivenza, o se piuttosto la violazione dei doveri che l’art. 143 c.c. pone a carico dei coniugi sia avvenuta quando era già maturata una situazione di crisi del vincolo coniugale, o per effetto di essa” (Cass. 2012 n. 8862; Cass. 2012 n. 8873; Cass. Sez. I, 2010, n. 21245; Cass. 2001, n. 12130; Cass. Sez. I, 1999, n 7566). Sulla parte richiedente grava pertanto l’onere della prova in merito al fatto che il comportamento del coniuge abbia innanzitutto violato gli obblighi derivanti dal matrimonio, ma soprattutto la stessa dovrà fornire la prova in giudizio del fatto che la violazione degli obblighi derivanti dal matrimonio sia stata la ragione unica, prevalente o determinante dell’intollerabilità della convivenza.
Un tanto premesso, a differenza di un caso “ordinario” di tradimento, che ben può configurare una valida causa di addebito di responsabilità della separazione, in quanto mina la fiducia ed il rispetto reciproci tra i coniugi, va considerata la modalità secondo cui detto tradimento è stato perpetrato, e d’altro canto mai concretizzatosi in una vera e propria relazione extraconiugale. Già in passato la Cassazione assumeva come una relazione adulterina, ed il suo effetto sulla separazione, deve essere valutata tenendo conto di tutte le circostanze di ciascun caso concreto; ad esempio, una crisi già conclamata che abbia già incrinato irrimediabilmente l’affectio maritalis e la comunione spirituale tra i coniugi, di certo non consente di considerare il tradimento quale causa della separazione.
Nel caso in esame va invece considerato se il “tradimento” consistito in una relazione platonica e virtuale su un social network sia stato messo in atto con una persona che abita in un luogo lontano, se non ha mai implicato incontri diretti, e soprattutto se non è mai sfociato in rapporti sessuali, mantenendo quindi la “storia” nei limiti della riservatezza sociale. Si rinviene una pronuncia specifica della Cassazione a tale proposito che qui preme richiamare; la S.C. assume infatti come: “l’addebito non può discendere da una relazione platonica e svolta in modo da non recare alcuna offesa alla dignità ed all’onore del marito per le modalità discrete con cui si era svolta. Nella specie – afferma la Suprema Corte – i giudici d’appello hanno correttamente escluso che lo scambio interpersonale, extraconiugale, avesse potuto assumere i concreti connotati di una relazione sentimentale adulterina e, comunque, fosse traducibile in contegni offensivi per la dignità e l’onore del marito. Il legame intercorso tra la moglie e l’estraneo, infatti, si era rivelato platonico e si era sviluppato solo telefonicamente o via internet, data anche la notevole distanza tra i luoghi di rispettiva residenza. Tra l’altro non era stato provato in giudizio il coinvolgimento sentimentale di lei, sebbene fosse stata prodotta una lettera d’amore che dimostrava ineluttabilmente l’infatuazione di lui” (cfr. Cass. N. 8929/2013).
La Corte di Cassazione con la citata sentenza ha quindi dimostrato altresì di essersi “messa al passo con i tempi” considerando nelle proprie valutazioni in ordine all’addebitabilità della separazione, un ulteriore e più “originale” fattore, ossia la facilità di comunicazione offerta dalle comunicazioni via internet e le molteplici occasioni di comunicazione che il canale telematico consente, avvallando ulteriormente il proprio già consolidato orientamento.