IL TECNICO DELLE CALDAIE RISPONDE D’OMICIDIO COLPOSO

Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione, Sezione penale, (n. 44968 del 26.10.2016) ha sancito un importante principio di diritto, in base al quale il tecnico della caldaia risponde di omicidio colposo nel caso in cui, seppur abbia verificato l’inidoneità dell’impianto, non abbia segnalato il problema e da tale imperizia ne sia derivata la morte del proprietario dell’abitazione.
Nella vicenda in esame, nonostante la caldaia di tipo B fosse ubicata in un locale chiuso da vetrate con superficie di aerazione permanente provvista di griglia ostruita da grassi e polvere e nonostante fosse stato riscontrato un valore di anidride carbonica relativamente alto, i due tecnici delle caldaie, al termine del controllo, in violazione di quanto prescritto dalla normativa in materia, nel proprio rapporto tecnico avevano indicato tra le voci positive: “Idoneità locale d’installazione”, “Adeguate dimensioni delle aperture di ventilazione”, “Aperture di ventilazione libere da ostruzioni”, “Verifica efficienza evacuazione fumi”. Oltre a ciò, nell’apposita voce relativa alle “Raccomandazioni”, omettevano d’indicare alcun intervento, nonostante il locale fosse inadatto per il tipo di caldaia installata.
Tali negligenze dei due tecnici, portavano quindi alla morte del proprietario dell’abitazione, il quale subiva un collasso cardiorespiratorio terminale da asfissia per intossicazione da monossido di carbonio. Morte riconducibile al cattivo funzionamento della caldaia nonché all’inidoneità del locale, a ospitare un impianto di quel genere.
La sezione penale della Corte di Cassazione, confermando la sentenza di condanna emessa in grado d’appello, ha sancito il principio in base al quale il tecnico manutentore riveste una posizione di garanzia e perciò ha l’obbligo di impedire un evento anche quando, dopo di lui, anche altri soggetti avevano controllato la caldaia.
Per la Corte, infatti, quando l’obbligo di impedire un evento ricade su più soggetti che devono intervenire in tempi diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva e l’evento non viene meno per effetto del mancato intervento da parte di un altro soggetto anche lui destinatario dell’obbligo di impedire il fatto.