L’ENTE PUBBLICO SI PRESUME RESPONSABILE IN CASO DI SISNISTRI STRADALI CAUSATI DALLA STRUTTURA E DAL DEGRADO DEL MANTO STRADALE.

La Corte di Cassazione (Cass. , Sez. 3 civile, sentenza n. 15761 del 29.07.2016), si è trovata nuovamente a statuire in tema di responsabilità del custode ex art. 2051 c.c..

In particolare, si trattava di stabilire se un ente pubblico fosse chiamato a rispondere, ex art. 2051 c.c., nel caso in cui un sinistro stradale fosse riconducibile ad un problema di manto stradale.

Innanzitutto, preme ricordare che l’art. 2051 c.c. prevede che: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

La Corte di Cassazione, nell’esaminare il caso, ha affermato preliminarmente, che la responsabilità prevista e disciplinata dall’art. 2051 c.c. postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, così da consentire al primo di esercitare un potere di controllo sulla stessa e di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere anche il contatto che terzi soggetti possano avere con la cosa. In caso di danno, sarà onere del danneggiato di provare il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno medesimo, ovvero più nello specifico dovrà dimostrare che l’evento dannoso si è prodotto come una conseguenza normale della condizione posseduta dalla cosa in custodia. Il custode, al contrario, dovrà fornire la prova contraria rispetto alla presunzione di colpevolezza a suo carico, dimostrando positivamente l’esistenza del caso fortuito, cioè di un fatto che era al di là della sua sfera di controllo e custodia. Tale case fortuito, in sostanza, dovrà avere avuto un carattere casuale autonomo e di per sé imprevedibile ed eccezionale.

Per quanto attiene nello specifico la responsabilità degli enti pubblici in tema di sinistri stradali, gli Ermellini hanno ribadito una serie di principi generali; a) sussiste un obbligo generale, per la pubblica amministrazione, di adottare misure idonee ad evitare delle situazioni di pericolo; b) nel caso specifico di strade aperte al traffico, è configurabile una responsabilità ex art. 2051 c.c. dell’ente proprietario della stessa, quando sia accertato che il danno si è verificato a causa di un difetto, anomalia, della strada medesima, salvo che l’ente non riesca a dimostrare di non aver potuto far nulla per evitare il danno; c) l’ente pubblico, supera la presunzione di colpa, ex art. 2051 c.c., qualora dimostri che il danno si è verificato per una causa improvvisa, e non per un difetto di diligenza nella sorveglianza del manto stradale.

Rilevante, ai fini dell’esclusione della responsabilità del custode, è che sia intervenuto il fatto di un terzo che sia stato idoneo e sufficiente a determinare l’evento. Tale “fatto del terzo”, dovrà avere i seguenti requisiti: autonomia, eccezionalità, imprevedibilità e inevitabilità. In sostanza, il comportamento del terzo, che può essere lo stesso danneggiato, deve ritenersi eccezionale e perciò non corrispondente ad una sequenza causale “ordinaria”, ovvero una sequenza prevedibile.

Gli Ermellini, passando al caso ad essi sottoposto, hanno statuito che il fatto che una strada risulti molto “sconnessa, con buche e rappezzi”, non costituisce, di per sé, una causa che può escludere la responsabilità dell’ente pubblico. Il comportamento disattento dell’utente della strada, non può essere incluso nell’imprevedibile. Il principio generale e applicabile in tali situazioni, infatti, è quello per cui quanto meno la cosa e' pericolosa e quanto piu' la situazione di pericolo e' suscettibile di essere prevista, tanto piu' incidente deve ritenersi il comportamento della vittima.

L’ente proprietario della strada aperta al pubblico transito, si presume quindi responsabile, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei sinistri che siano riconducibili alla struttura e alla conformazione della strada e delle sue pertinenze. Potrà influire la condotta del danneggiato soltanto laddove questa assuma un efficacia causale esclusiva, ovvero soltanto laddove il comportamento dello stesso possa qualificarsi come “abnorme”.