Con la sent. n. 2691/2018 la Corte di Cassazione ha affermato che il chirurgo maxillo-facciale, che svolge mansioni proprie riservate all’odontoiatra risponde del reato di esercizio abusivo della professione.

In particolare, la Corte ritiene che il reato di cui all’art. 348 c.p.si configura per mancanza dei provvedimenti abilitativi, sia perché mai conseguiti, sia perché venuti meno in esito a provvedimenti di radiazione e sospensione, sia per inadempiuta iscrizione all’albo professionale.

In campo medico, ripercorrendo l’evoluzione normativa e giurisprudenziale, si delinea come la natura abusiva della professione sanitaria viene individuata nella obiettiva mancanza del titolo e dell’abilitazione, in capo a chi assuma la veste del medico, con la conseguente irrilevanza, tanto della perizia, capacità e abilità del soggetto, quanto della esattezza dei giudizi tecnici espressi e dell’esito positivo delle cure praticate.

Con specifico riferimento al “dentista”, la disciplina normativa prevede che solo coloro i quali siano laureati e che abbiano superato l’esame abilitativo in odontoiatria e protesi dentaria possano intraprendere tale professione, mentre i medici iscritti al relativo albo, seppure specializzati in settori affini a quelli dell’odontoiatra non possano operare in autonomia, senza le direttive e la supervisione di quest’ultimo.