La responsabilità per i danni provocati da un animale domestico, è disciplinata espressamente dal codice civile. Il riferimento è in particolare all’art. 2052 c.c. il quale prevede espressamente che “Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui l’ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”. In sostanza, quindi, la responsabilità per i danni cagionati ad esempio da un cane costituisce un’ipotesi di responsabilità oggettiva: essa cioè scatta a prescindere dalla colpa del padrone.

A titolo meramente esemplificativo, la responsabilità scatta ad esempio se il cane, pur al guinzaglio, azzanna un passante, ovverosia se il cane, pur legato alla catena nel giardino di casa, scappa e morde un’altra persona o un altro animale. L’unico modo che il soggetto ha per evitare di dover risarcire il danno, è quello di dimostrare che il fatto si è verificato per un fatto assolutamente imprevedibile (il “caso fortuito” di cui parla la norma), che si inserisce all’improvviso nell’azione dell’animale, rendendo sostanzialmente impossibile l’intervento dell’uomo (ex multiis; Cass. sez. 3 civile, sentenza n. 15895 dd. 20.07.2011, “La responsabilità di cui all'art. 2052 cod. civ., prevista a carico del proprietario di animale per i danni cagionati dallo stesso, trova un limite solo nel caso fortuito, ossia nell'intervento di un fattore esterno nella causazione del danno, che presenti i caratteri dell'imprevedibilità, dell'inevitabilità e dell'assoluta eccezionalità, con la conseguenza che all'attore compete solo di provare l'esistenza del rapporto eziologico tra il comportamento dell'animale e l'evento lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi, deve provare l'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere detto nesso causale, non essendo sufficiente la prova di aver usato la comune diligenza nella custodia dell'animale”).

Non è quindi sufficiente che il proprietario dimostri la mansuetudine dell’animale o di aver adoperato una particolare diligenza nella custodia dello stesso.

Secondi i Giudici, ad esempio, sussiste il caso fortuito quando il padrone, pur avendo adottato tutte le cautele possibili, non è in condizione di conoscere le intenzioni del soggetto danneggiato dall’animale (ex multiis; Cass. sez. 3 civile, sentenza n. 10402 dd. 20.05.2016, “La responsabilità del proprietario, o di chi si serve di un animale, di cui all'art. 2052 c.c., si fonda non su un comportamento o un'attività - commissiva od omissiva - ma su una relazione intercorrente tra i predetti e l'animale, il cui limite risiede nel caso fortuito, la prova del quale - a carico del convenuto - può anche avere ad oggetto il comportamento del danneggiato, purché avente carattere di imprevedibilità, inevitabilità e assoluta eccezionalità”).

Qualora il padrone del cane non riesca a fornire piena prova del caso fortuito non potrà vedere esclusa o limitata la sua responsabilità, ma sarà tenuto a risarcire il danno arrecato dall’animale.