La Corte di Cassazione, investita nuovamente della questione concernente l’azione esperibile nel caso in cui un edificio o comunque un bene immobile rovini al suolo, ha affermato un principio di diritto già precedentemente esposto. La norma di riferimento in tal senso è l’art. 1669 c.c., il quale prevede che: “Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia”.

Orbene, gli Ermellini, con tale recente sentenza (n. 24249 del 29.11.2016), hanno affermato che, l’azione prevista dall’art. 1669 c.c., può essere esperita non solo dal committente nei confronti dell’appaltatore, ma altresì dall’acquirente contro il venditore che abbia costruito l’immobile sotto la propria responsabilità.  

La Corte, si è quindi spinta a ricercare i casi nei quali può dirsi sussistente la responsabilità del venditore. In particolare è stato dalla stessa affermato, che il venditore è ritenuto responsabile, allorché la costruzione dell’edificio sia ad esso riferibile in tutto o in parte. Tale ipotesi sussiste nei casi in cui il venditore, seppur si sia servito dell’opera di terzi per realizzare l’opera, abbia avuto un’importanza fondamentale dal punto di vista decisionale, mantenendo per tutto il corso dei lavori, una posizione di autonomia decisionale, con potere di coordinamento nello svolgimento dell’attività altrui, con l’esercizio di poteri direttivi e di sorveglianza. Ulteriore presupposto, infatti, affinché possa essere esperita l’azione in questione nei suoi confronti, è che i difetti dell’opera realizzata, siano riconducibili alla sfera di esercizio e controllo del venditore.

È stato infine ulteriormente ribadito, che l’ipotesi prevista dall’art. 1669 c.c., costituisce un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale, trovando perciò un ambito d’applicazione più ampio rispetto a quanto previsto dalla norma stessa. La responsabilità, infatti, viene estesa anche al progettista, al direttore dei lavori e al committente che abbia provveduto alla costruzione dell’immobile con propria gestione diretta, ovvero comunque provvedendo a svolgere attività di sorveglianza, rendendo così l’appaltatore un mero esecutore di ordini.

Nel caso in esame, la Corte di Cassazione, ha bocciato la decisione del giudice di merito, proprio giacché in essa, non era stata tenuta in debita considerazione l’attività di progettazione e successiva direzione dei lavori svolta dal venditore.