Un venditore ambulante di profumi era stato condannato alla pena di euro 300 di ammenda per il reato di molestie innanzi al Tribunale, in quanto, in maniera troppo invadente e insistente, aveva cercato di vendere il proprio prodotto.Il venditore aveva, quindi, promosso ricorso affermando che l’insistenza con la quale aveva cercato di vendere il prodotto, derivava dalla sua voglia di promuovere e incentivare la vendita del proprio prodotto. In realtà, l’ambulante aveva adottato una tecnica assai invadente, giungendo addirittura a rincorrere la donna tallonandola finché la stessa non giungeva presso l’autovettura. La Suprema Corte di Cassazione, ha quindi confermato la decisione impugnata nel punto in cui evidenziava come il comportamento del venditore fosse stato “pressante, indiscreto e impertinente”.Gli Ermellini hanno quindi proseguito statuendo che proprio in considerazione dell’oggettiva petulanza del comportamento non poteva darsi credito alla versione del venditore in base alla quale egli non si era accorto e reso conto del disturbo che stava arrecando alla donna. La Corte ha infine concluso affermando che “la petulanza costituisce una modalità della condotta prima ancora che un atteggiamento soggettivo, sicché ove la condotta sia obiettivamente petulante (fastidiosamente insistente e invadente), è sufficiente ad integrare il reato”.

Sent. dd. 19.7.18 n. 33707