Lo scarico di acque industriali, quali ad esempio quelle prodotte da un autolavaggio, devono essere autorizzate costituendo altrimenti un reato di natura ambientale. 

Lo ha ribadito la Suprema Corte, con la sentenza allegata. In particolare è pacifico in giurisprudenza che la nozione di acque reflue industriali (vedi Cass. Sez III n. 174 del 2000 cit.), di cui al decreto legislativo n. 152 del 1999 modificato dal decreto legislativo n. 258 del 2000 ha lasciato immutato il pregresso orientamento, perché dette acque concernono qualsiasi tipo di quelle scaricate da edifici in cui si svolgono attività commerciali o industriali, sicché l'articolo indeterminativo comprende tutti i tipi di acque reflue pure provenienti da insediamenti commerciali, mentre la caratterizzazione dei reflui è operata in senso negativo, giacché le predette devono essere diverse da quelle domestiche e meteoriche di dilavamento.

In tal modo sono escluse soltanto le acque reflue di dilavamento provenienti da attività industriali, mentre la tipologia delle acque reflue domestiche è descritta come quelle "provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi" (nei quali non possono essere incluse le attività di autolavaggio) e "derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche", onde ogni dubbio sull'assimilabilità alle acque reflue domestiche viene fugato.