Una donna, al fine di alimentare i locali del proprio appartamento, aveva fatto manomettere, da un suo incaricato, una plafoniera del condominio presso il quale viveva, per sottrarne illecitamente l’energia elettrica.

La donna, condannata per furto, ricorreva in Cassazione lamentando che non era stata tenuta in debita considerazione la scriminante dello stato di necessità. In particolare, la donna affermava che l’allacciamento, se pur abusivo alla rete elettrica del condomino, era l’unico modo per evitare che i suoi figli, in tenera età, subissero un danno grave, che sarebbe derivato dalla protratta permanenza in un’abitazione priva di energia elettrica, senz’acqua per lavarsi e senza corrente per cucinare.
La Suprema Corte, ha affermato che affinché possa dirsi sussistente l’esimente dello stato di necessità, deve sussistere un danno grave alla persona, non scongiurabile se non attraverso il compimento dell’atto penalmente illecito. Nei reati provocati da uno stato di bisogno economico, non si può applicare tale esimente qualora possa, al disagio economico stesso, porsi rimedio attraverso l’adozione di comportamenti non penalmente rilevanti, potendo ad esempio ricorrere ai mezzi forniti dai centri ed istituti di assistenza sociale.
Nel caso di specie, la lamentata situazione d’indigenza non era stata neppure dimostrata, avendo la donna un'occupazione e godendo di regolare stipendio seppur modesto e non risultando comunque che la stessa avesse rappresentato agli istituti di assistenza sociale un'eventuale situazione di difficoltà.
Va, inoltre, rilevato che non sussisteva neppure l'attualità del pericolo di un danno grave alla persona anche per i soggetti minori, avendo la ricorrente utilizzato per i bisogni primari (quali la cottura di cibi caldi) piccole bombole a gas e non essendo l'allaccio abusivo alla rete elettrica condominiale neppure stato necessario per riscaldare l'immobile, tenuto conto del periodo tardo-primaverile nel quale la condotta illecita e' stata perpetrata.