La Cassazione civile, nel prendere in esame il diritto del paziente di rifiutare le cure mediche che gli vengono somministrate, anche quando tale rifiuto possa causarne la morte, ha precisato che il dissenso alle cure mediche, per essere valido ed esonerare così il medico dal potere-dovere di intervenire, deve essere espresso, inequivoco ed attuale. Si è quindi giudicato non sufficiente una generica manifestazione di dissenso formulata "ex ante" ed in un momento in cui il paziente non era in pericolo di vita, essendo necessario che il dissenso sia manifestato ex post, ovvero dopo che il paziente sia stato pienamente informato sulla gravità della propria situazione e sui rischi derivanti dal rifiuto delle cure (Sez. 3, Sentenza n. 23676 del 15/09/2008, Rv. 604907; nel senso che il rifiuto delle cure deve essere espresso, libero e consapevole anche Cass. pen. Sez. 1, n. 26446 del 29/05/2002 - dep. 11/07/2002, PG in proc. Volterrani, Rv. 222581).

Il principio così posto è stato condiviso anche dalla giurisprudenza penale, ed anzi riformulato nel modo che segue: "in tema di colpa medica, il rifiuto di cure mediche consiste nel consapevole e volontario comportamento del paziente, il quale manifesti in forma espressa, senza possibilità di fraintendimenti, la deliberata ed informata scelta di sottrarsi al trattamento medico.

Consapevolezza che può ritenersi sussistente solo ove le sue condizioni di salute gli siano state rappresentate per quel che effettivamente sono, quanto meno sotto il profilo della loro gravità".