Il testo dell'art. 648 ter c.p. è chiaro incriminando la condotta di chi impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità "provenienti da delitto".

Ne consegue che il delitto presupposto (ma il discorso ben può valere anche per i reati di cui agli artt. 648 e 648 bis c.p.) deve cronologicamente quanto necessariamente precedere il momento consumativo del reato  in contestazione non potendosi certo legare la consumazione del reato presupposto al momento della materiale "distrazione" delle somme di denaro dalle casse della società , azione in sè non configurabile come delitto fino al momento della dichiarazione di fallimento della società stessa.

Del resto, diversamente opinando, si arriverebbe all'inammissibile paradosso che la condotta ex art. 648 ter c.p., consumata da un soggetto prima del perfezionamento del delitto presupposto rimanga sottoposta ad una sorta di condizione sospensiva dipendente dall'azione di un terzo  il quale attraverso la sua azione (per esempio provvedendo o meno a risanare la situazione della società in stato di insolvenza) potrebbe incidere ex post sull'illiceità del fatto.

Non è ipotizzabile nel nostro sistema di diritto che l'illiceità di una condotta venga fatta dipendere da un post factum subordinato al modus operandi di un soggetto terzo che goda di una piena libertà di azione.

La Corte Suprema con una pronuncia relativa al reato di bancarotta  ha infatti avuto modo di chiarire che "non è integrato il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale (L. Fall., art. 216 p.p., n. 1) nel caso in cui la somma sottratta dalle casse sociali, riportata da relativa annotazione contabile, sia incontrovertibilmente riversata nella sua integrante - dai soci che l'avevano prelevata - nelle casse della società prima della dichiarazione di fallimento; infatti, ancorchè il delitto di bancarotta abbia natura di reato di pericolo, per l'individuazione del relativo momento consumativo deve aversi riguardo alla dichiarazione giudiziale di fallimento e non già all'atto antidoveroso, con la conseguenza che la valutazione del pregiudizio ai creditori deve essere valutata al momento di tale dichiarazione e non a quello della storica commissione della condotta" (Cass. Sez. 5, sent. n. 7212 del 26/01/2006, dep. 27/02/2006, Rv. 233604).

Ne consegue che nella situazione prospettata difetta totalmente il fumus dell'ipotizzato reato di cui all'art. 648 ter c.p..