La Cassazione (sentenza n. 30136/21) ci ha ricordato che, perché sussista il reato di oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341 bis C.P.), è necessario che assistano alla vicenda almeno due ulteriori soggetti che siano estranei ai fatti.

La medesima Cassazione ha infatti chiarito che – tra le persone che possono considerarsi “presenti” ai fini dell’incriminazione – se non possono essere inclusi gli altri pubblici ufficiali destinatari dell’offesa, possono, di contro, essere ricompresi gli altri pubblici ufficiali a cui non siano rivolte le frasi oltraggiose, non essendo richiesto dalla norma che le persone in questione siano dei meri “civili”. Tuttavia, deve trattarsi di pubblici ufficiali che si trovino in loco non in quanto intenti al compimento dell’atto d’ufficio che ha generato o nel cui contesto si è realizzata la condotta oltraggiosa. Più precisamente, allorchè le espressioni oltraggiose siano rivolte verso uno, anziché verso tutti i pubblici ufficiali impegnati nel compimento dell’atto d’ufficio “scatenante” la reazione offensiva, non può dirsi prodotta la lesione o la messa in pericolo del bene tutelato dalla incriminazione, cioè che sia leso o messo a repentaglio il “prestigio” della Pubblica Amministrazione, atteso che in tal situazione, a prescindere dall’aver investito con le offese tutti o soltanto alcuni degli operanti, l’agente va a colpire la pubblica amministrazione che sta esercitando le proprie funzioni nei suoi riguardi, di tal che l’offesa non assume la rilevanza esterna che la “presenza di più persone” e l’offesa al “prestigio” richiedono