Nel caso di specie, la Suprema Corte ha osservato che i giudici di merito hanno accertato in fatto, che l'incidente si era verificato per esclusiva responsabilità dell'attore, sottolineando in proposito: che la strada era illuminata; che il tombino in cui lo stesso attore era inciampato aveva solo un leggero avvallamento, non idoneo ad arrecare alcun nocumento e, comunque, era visibile; che l'incidente si era in sostanza verificato esclusivamente perché l'attore era distratto a guardare alcune vetrine ed a parlare con alcuni amici, per cui non aveva posto attenzione al marciapiede ed alla strada, mentre la attraversava al di fuori delle vicine strisce pedonali.
A solo scopo di completezza espositiva, si osserva quindi che, sulla base dei suddetti incensurabili accertamenti di fatto, la decisione impugnata risulta, in diritto, del tutto conforme ai principi in tema di responsabilità da cose in custodia costantemente affermati dalla Suprema Corte e recentemente ribaditi e precisati, secondo i quali:
a) il criterio di imputazione della responsabilità fondato sul rapporto di custodia di cui all'art. 2051 c.c. opera in termini rigorosamente oggettivi;
b) il danneggiato ha il solo onere di provare il nesso di causa tra la cosa in custodia (a prescindere dalla sua pericolosità o dalle sue caratteristiche intrinseche) ed il danno, mentre al custode spetta l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo del fatto del terzo e della condotta incauta della vittima;
c) in particolare, il caso fortuito è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode
d) le modifiche improvvise della struttura della cosa (tra cui ad es. buche, macchie d'olio ecc.) divengono, col trascorrere del tempo dall'accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa, di cui il custode deve rispondere;
e) la deduzione di omissioni, violazione di obblighi di legge, di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell'art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, e a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l'evento dannoso (si vedano, in proposito: Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 25856 del 2017; Sez. 3, Ordinanza n. 2478 del 01/02/2018; Sez. 3, Ordinanza n. 2480 del 01/02/2018, Sez. 3, Ordinanza n. 2482 del 01/02/2018; Sez. 3, Sentenza n. 8229 del 07/04/2010, Rv. 612442 - 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 12027 del 16/05/2017, Rv. 644285 - 01; Sez. 3, Ordinanza n. 25856 del 2017).
Così argomentando, la Corte ha ritenuto di rigettare il ricorso e di confermare quindi le sentenze di merito con le quali era stato negato il risarcimento del danno