La Cassazione ha nuovamente ribadito come, in tema di acquisto di beni di consumo, la disciplina applicabile sia in prima battuta quella prevista dal Codice del Consumo (artt. 128 e segg.) e solo in via residuale la normativa prevista nel codice civile in tema di compravendita.
Ovviamente è necessario che sussistano i presupposti per l’applicazione del codice del consumo il quale, in particolare, stabilisce che, ai fini dell’applicazione delle proprie norme, per “bene di consumo” si intende qualsiasi bene mobile e per “venditore” qualsiasi persona fisica o giuridica pubblica o privata che, nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, utilizza i contratti quali: contratti di vendita, permuta, somministrazione, appalto ecc…
Ebbene, il Codice del Consumo prevede una presunzione a favore del consumatore, inserita nell’articolo 132, comma 3, a norma del quale si presume che i difetti di conformità, che si manifestino entro sei mesi dalla consegna del bene, siano sussistenti già a tale data, salvo che l’ipotesi in questione sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità. Ne deriva che ove il difetto si manifesti entro tale termine, il consumatore gode di un’agevolazione probatoria, dovendo semplicemente allegare la sussistenza del vizio e gravando conseguentemente sulla controparte l’onere di provare la conformità del bene consegnato rispetto al contratto di vendita.
Superato il suddetto termine, trova nuovamente applicazione la disciplina generale posta in materia di onere della prova: ciò implica che il consumatore che agisce in giudizio sia tenuto a fornire la prova che il difetto fosse presente ab origine nel bene, poichè il vizio ben potrebbe qualificarsi come sopravvenuto e dipendere conseguentemente da cause del tutto indipendenti dalla non conformità del prodotto.