In tema di infortuni sul lavoro, non è consentito al datore di lavoro invocare a propria discolpa, per farne discendere l'interruzione del nesso causale, la legittima aspettativa della diligenza del lavoratore, allorquando lo stesso datore di lavoro versi in re illicita per non avere, per propria colpa, impedito l'evento lesivo cagionato dallo stesso infortunato, consentendogli di operare sul luogo di lavoro in condizioni di pericolo.
Esiste, infatti, in capo al datore di lavoro una posizione di garanzia che gli impone di apprestare tutti gli accorgimenti, i comportamenti e le cautele necessari a garantire la massima protezione del bene protetto, la salute e l'incolumità del lavoratore appunto, posizione che esclude che il datore di lavoro possa fare affidamento sul diretto, autonomo, rispetto da parte del lavoratore delle norme precauzionali, essendo invece suo compito non solo apprestare tutti gli accorgimenti che la migliore tecnica consente per garantire la sicurezza degli impianti o macchinar utilizzati ma anche di adoperarsi perchè la concreta esecuzione del lavoro avvenga nel rispetto di quelle modalità.
Non può andare, pertanto, esente da colpa l'imprenditore che, svolgendo la propria abituale attività in un luogo oggettivamente pericoloso, non ponga in essere ogni tipo di comportamento atto a contenere il rischio stesso.
Come già la Suprema Corte ha avuto modo di affermare, nelle attività pericolose consentite, poichè la soglia della prevedibilità degli eventi dannosi è più alta di quanto non lo sia rispetto allo svolgimento di attività comuni, maggiori devono essere la diligenza e la perizia nel precostituire condizioni idonee a ridurre quanto più possibile il rischio consentito. Ne consegue che l'impossibilità di eliminazione del pericolo non può comportare una attenuazione dell'obbligo di garanzia, ma deve tradursi in un suo rafforzamento (v. da ultimo Sezione 4^, 10 gennaio 2014, Zanaria, rv. 258619).
Mentre non rileva qui il tema della negligenza del lavoratore.
Basta ricordare, con riflessi qui di immediato rilievo, che, in caso di infortunio sul lavoro, non è consentito al datore di lavoro invocare a propria discolpa, per farne discendere l'interruzione del nesso causale (art. 41 c.p., comma 2), la legittima aspettativa della diligenza del lavoratore, allorquando lo stesso datore di lavoro versi in re illicita per non avere, per propria colpa, impedito l'evento lesivo cagionato dallo stesso infortunato, consentendogli di operare sul luogo di lavoro in condizioni di pericolo (ciò che qui è indiscutibile, quanto meno in ragione del non utilizzo degli strumenti di protezione, forniti o meno) (cfr. Sezione 4^, 25 marzo 2011, D'Acquisto).
Con l'ulteriore rilievo che, in caso di infortunio sul lavoro originato dall'assenza o inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale esclusiva, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento imprudente del lavoratore infortunato realizzato nello svolgimento delle proprie mansioni (ciò che qui è parimenti non revocabile in dubbio) (Sezione feriale, 12 agosto 2010, Mazzei ed altri).