Nel caso sottostante alla pronuncia della Suprema Corte, il soggetto era stato condannato in primo e in secondo grado, in quanto, in stato di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti (era risultato positivo agli esami tossicologici effettuati dall’ULSS), alla guida di un’autovettura aveva causato un sinistro stradale con esito mortale per l’altro guidatore.
La difesa ricorreva quindi in Cassazione sostenendo, in particolare, l’inutilizzabilità a fini penali, degli esami tossicologici eseguiti la notte del sinistro, essendo stati effettuati in assenza sia della preventiva informazione delle “finalità” d’indagine da parte degli organi di Polizia, sia del consenso dell’imputato al prelievo.
La Suprema Corte ha affermato in merito al consenso al prelievo che i risultati del prelievo stesso effettuato per le terapie di pronto soccorso successive ad un incidente stradale, non preordinato a fini di prova della responsabilità penale, ma di cura ed assistenza, sono utilizzabili per l’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza senza che rilevi la “mancanza” di un preventivo consenso dell’interessato. Stessa regola vale ovviamente per il reato di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti. Ove si tratti, al contrario, di prelievo richiesto dalla polizia e finalizzato all’accertamento della presenza di alcool o sostanze stupefacenti nel sangue, il conducente può opporre un espresso dissenso al prelievo (fatte salve le conseguenze penali di tale dissenso).