La giurisprudenza di merito e quella di legittimità è giunta sostanzialmente ad affermare il seguente principio: il pedone non ha sempre ragione. In sostanza, i Tribunali, le Corti d’Appello e la Suprema Corte di Cassazione, hanno allargato le maglie della responsabilità dei pedoni.
La regola generale è quella secondo la quale che, in caso di investimento del pedone, grava su chi guida una presunzione di responsabilità ai sensi di quanto disposto dall’art. 2054 c.c. Nel caso in cui invece il comportamento del pedone sia stato imprevedibile e anomalo, è possibile provare il concorso di colpa o addirittura la responsabilità esclusiva dell’investito.
I giudici, in caso di sinistro stradale, chiamati a valutare e quantificare le responsabilità, devono partire dal presupposto che la colpa del conducente sia pari al 100% per poi accertare in concreto la responsabilità del pedone e ridurre progressivamente la percentuale di colpa presunta a carico del conducente via via che emergono circostanze rilevanti che hanno avuto un’incidenza causale importante nell’impatto. Di seguito alcuni casi trattati dai giudici di merito.
A Trieste (sentenza n. 380 del 07.06.2019), ad esempio, vi è stato il caso di una donna investita per aver attraversato la strada senza guardare perché intenta a parlare al cellulare. Per il Giudice, tanto è bastato per farle assumere l’80% della responsabilità dell’impatto, trattandosi di una condotta in totale disprezzo delle normali regole di prudenza.
A Ferrara, invece, nelle vicinanze di un’area di servizio, è capitato invece che due uomini abbiano attraversato la strada di notte, sotto la pioggia, con abiti scuri e in evidente stato di ubriachezza. In questo caso la responsabilità esclusiva del sinistro è stata addebitata ai pedoni imprudenti (Corte appello di Milano, sentenza n. 2547 dd. 11.06.2019).
In generale, i parametri presi in considerazione dai giudici per misurare la colpa del pedone sono: la sua distanza dalle strisce, la velocità di marcia e in generale la visibilità da parte del conducente.
Attraversare a pochi metri dalle strisce pedonali è una condotta ritenuta prevedibile che non esonera il conducente dall’usare la normale diligenza nella guida. Se invece il pedone sopraggiunge all’improvviso, fuori dalle strisce, la responsabilità del conducente potrebbe essere notevolmente ridimensionata (Cassazione, sentenza n. 2241 dd. 28.01.2019). Invece non basta a escludere la responsabilità dell’automobilista il fatto che l’investito cammini di notte fuori dal marciapiede. Se il pedone marcia in direzione opposta a quella del transito dei mezzi, come previsto dal Codice della strada, resta la responsabilità esclusiva dell’automobile che lo investe.
Il conducente si salva del tutto se riesce a dimostrare che il comportamento del pedone è stato così inatteso e repentino da non consentirgli di adottare la manovra che avrebbe potuto impedirne l’investimento. Come nel caso del pedone che attraversa l’incrocio di corsa con il semaforo rosso. Per i giudici l’impossibilità dell’automobilista di evitare la collisione è oggettiva, con conseguente esonero di responsabilità a suo carico.
In generale, l’articolo 190 del Codice della strada impone ai pedoni di attraversare la carreggiata servendosi degli attraversamenti pedonali, dei sottopassaggi e dei soprappassaggi e, quando questi non esistono - o distano più di cento metri - di attraversare la carreggiata solo in senso perpendicolare, con l’attenzione necessaria a evitare situazioni di pericolo per sé o per altri e, comunque, a dare la precedenza ai conducenti.