Secondo l’orientamento della Corte di Cassazione, oltre alle armi proprie (si pensi ad una pistola), esistono anche le c.d. armi “improprie”, ovverosia tutti quegli oggetti che, pur avendo una diversa e specifica destinazione (ad esempio perché utilizzati come strumenti di lavoro oppure di uso domestico, agricolo, scientifico, industriale o simile), possono tuttavia occasionalmente servire, per loro caratteristiche strutturali o in riferimento a determinate circostanze di luogo e di tempo, all’offesa della persona.
Proprio sulla base di un ragionamento siffatto, è stata ad esempio considerata arma impropria, tra le altre, una chiave per serrature blindate o un blocca pedali per automobile. Nel caso di specie al rapinatore era stata contestata l’aggravante di cui all’art. 585, comma 2, C.P., giacché, dopo aver sottratto il portafoglio alla persona offesa, ne aveva bloccato la reazione spruzzandogli agli occhi del profumo.
Secondo gli Ermellini, la condotta del rapinatore, consistita nell’utilizzare una sostanza irritante che inibiva temporaneamente la funzione visiva della persona offesa, integra il requisito della violenza commessa con arma impropria.