Una donna - e suo marito - erano stati condannati sia in primo che in secondo grado per il reato p. e p. dall’art. 614 C.P. in quanto, dopo aver dato in affitto “in nero” una casa di loro proprietà ad una famiglia, a fronte dell’interruzione del pagamento del canone di locazione da parte di questa e senza aver intrapreso nei confronti della famiglia alcuna azione giudiziaria, erano entrati facendo uso della forza nell’immobile per riprenderne il possesso.
I due coniugi ricorrevano, quindi, innanzi alla Corte di Cassazione avverso la sentenza di condanna pronunciata dalla Corte d’Appello lamentando la circostanza che le presunte persone offese - ovverosia la famiglia presente nell’immobile - essendo occupanti abusive della casa, fossero prive del c.d. “ius excludendi” nei confronti dei legittimi proprietari dell’immobile.
La Corte di Cassazione (sentenza n. 39809 dd. 20.10.2022), ha rigettato la tesi proposta dalla difesa dei due coniugi. Nello specifico, il consesso di legittimità ha chiarito che in materia di violazione di domicilio, “l’occupazione” di un immobile “non coperta da valido titolo, non esclude in capo all’occupante illegittimo l’esercizio dello ius excludendi” nei confronti del proprietario dell’immobile” purchè, tuttavia, le concrete modalità di esecuzione del rapporto con il titolare del diritto sull’immobile consentano di ritenere quel luogo come l’effettivo domicilio dell’occupante abusivo medesimo. Ciò che rileva per la Corte, in definitiva, non è il titolo formale in virtù del quale il domicilio è costituito, bensì il rapporto di fatto instaurato con la casa.