Un soggetto, riconosciuto colpevole sia in primo che in secondo grado del delitto di rapina aggravata dalla circostanza di essere l’aggressione avvenuta all’interno di una dimora privata (nella specie un ascensore condominiale), proponeva ricorso innanzi alla Corte di Cassazione lamentando, tra le altre, che l’ascensore dello stabile non poteva considerarsi quale “luogo di privata dimora”.
La Corte di Cassazione (sentenza n. 15889/2022 dd. 26.04.22), nel rigettare il ricorso proposto dall’uomo, ci ha ricordato che, per qualificare un luogo come di “privata dimora”, devono sussistere i seguenti elementi: a) l’essere il luogo utilizzato per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere), in modo riservato e al riparo da intrusioni esterne, b) durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilità e non da mera occasionalità, c) non accessibilità dei luoghi, da parte di terzi, senza il consenso del titolare. Può quindi affermarsi che può essere qualificato quale luogo di privata dimora non solo l’abitazione, ma anche le “pertinenze” di quest’ultima (come i garage, i cortili condominiali e gli ascensori) sempreché l’accesso a questi sia consentito solo se autorizzato e la permanenza al loro interno possa durare per un tempo apprezzabile e con modalità riservate.
A parere dei giudici di legittimità, pertanto, doveva considerarsi evidentemente corretta la qualificazione del fatto offerta dai giudici del merito, poiché il luogo nel quale era avvenuta l’aggressione (ascensore condominiale), doveva qualificarsi quale luogo di privata dimora.