L'istituto dell’amministrazione di sostegno si distingue dagli altri istituti a tutela degli incapaci (quali l’interdizione e l’inabilitazione). L’amministrazione di sostegno, infatti, è stata creata allo scopo di superare “l’impianto ottocentesco che guardava all’infermo di mento quale soggetto sottoposto ad uno speciale ed inflessibile regime giuridico, ed al rapporto capacità- incapacità”.
L’istituto dell’amministrazione, è assai duttile, idoneo a graduare caso per caso le misure di tutela di volta in volta più adeguate in relazione alla concreta disabilità del soggetto, così da valorizzare, non tanto l’esigenza di salvaguardia del suo patrimonio, per lo più nell’interesse dei familiari, bensì le residue capacità del soggetto debole. Per tali considerazioni, l’istituto dell’amministrazione di sostegno e dell’interdizione si collocano su piani totalmente diversi.
Parte della dottrina aveva già in radice escluso che potesse estendersi all’amministrato il divieto di contrarre matrimonio stabilito per l’interdetto per infermità di mente. Il beneficiario dell’amministrazione, infatti, può compiere gli atti personalissimi in generale (tra i quali rientra il matrimonio).
Essendo la disciplina in tema di amministrazione di sostegno volta a garantire il “best interest” dell’amministrato, non si possa escludere che, in circostanze particolarmente stringenti, ovvero eccezionalmente gravi, il divieto di contrarre matrimonio possa essere imposto. In ogni caso, resta da escludere che, finanche in presenza di un provvedimento del giudice tutelare che abbia imposto all’amministrato il divieto di contrarre matrimonio, questo possa essere poi impugnato ai sensi dell’art. 119 c.c.
Se quindi il divieto di contrarre matrimonio può essere imposto al beneficiario dell’amministrazione di sostegno solo nel suo interesse, allora se il matrimonio viene poi contratto in violazione del divieto, potrà essere invalidato solamente laddove soddisfi un esigenza esclusiva del beneficiario dell’istituto e non per la mera osservanza del provvedimento di divieto e tantomeno per la salvaguardia dell’interesse di terze persone.