Con la recentissima sentenza n. 12860 del 25.03.2019 la Suprema Corte ha ribadito che conformemente ai principi già stabiliti dalla giurisprudenza, la situazione di indigenza non è di per sé idonea ad integrare la scriminante dello stato di necessità di cui all’art. 54 C.P.
La Corte di appello di Catanzaro aveva condannato l’imputata per essersi impossessata, al fine di trarne profitto, di alcune forme di formaggio sottraendole dagli scaffali di un supermercato. La medesima aveva quindi interposto ricorso per cassazione, eccependo tra gli altri motivi che il Giudice di secondo grado avrebbe dovuto applicare la scriminante dello stato di necessità, in quanto ella, essendo senza fissa dimora ed occupazione, aveva tentato di occultare e sottrarre da un esercizio commerciale piccole quantità di generi alimentari di esiguo valore per l'imprescindibile esigenza di alimentarsi.
La Corte di Cassazione ha tuttavia rigettato il ricorso, sostenendo che lo stato di bisogno dell'imputato non possa integrare di per sé la scriminante di cui all'art. 54 C.P. e che non possa essere riconosciuto al mendicante che si trovi in ristrettezze economiche, perché la possibilità di ricorrere all'assistenza degli enti che la moderna organizzazione sociale ha predisposto per l'aiuto agli indigenti ne esclude la sussistenza, in quanto fa venir meno gli elementi dell'attualità e dell'inevitabilità del pericolo grave alla persona