È finito sotto processo un uomo che, con la propria vettura in sosta, ha bloccato per 45 minuti il veicolo di una coppia, rendendo necessario l’intervento della Polizia locale. Per i giudici di merito non vi è stato dubbio alcuno nel riconoscere il soggetto responsabile del reato di violenza privata di cui all’art. 610 C.P. giacchè egli: “avendo parcheggiato l’autovettura della propria moglie, di cui aveva disponibilità, dietro a quella in uso a una coppia e regolarmente parcheggiata”, “impediva senza alcun motivo ai proprietari della vettura bloccata l’utilizzo del loro e, rifiutandosi di spostare la propria vettura e di fatto rendendo impossibile alla coppia proprietaria del veicolo bloccato la libertà di movimento, così costringeva l’uomo e la donna ad omettere ogni spostamento fino all’arrivo della Polizia locale”.
La Corte di Cassazione (sentenza n. 9957 dd. 09.03.2023), rigettando il ricorso promosso dall’imputato per il tramite del suo legale, ha confermato la correttezza dell’argomentare dei giudici di merito e ha ribadito che: “integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura dinanzi ad un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio, impedendo l’accesso alla persona offesa, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione”. Nel caso di specie, aggiunge la medesima Suprema Corte, la condotta dell’imputato ha coartato la libertà di movimento delle persone offese ed è stato un comportamento assai grave posto che la donna, comproprietaria del veicolo bloccato, era, all’epoca dei fatti, incinta e nella circostanza doveva recarsi a una visita medica poi saltata proprio a causa della impossibilità materiale di spostare la vettura.