La Corte di Cassazione ha recentemente affermato che integra il reato di pornografia minorile (art. 609 ter co. 1 n. 2) il caso del soggetto che induce l’ex fidanzata minorenne ad inviare allo stesso fotografie dalla medesima prodotte che ritraevano le sue parti intime o la ritraevano mentre compiva atti di autoerotismo, su iniziativa e richiesta di quest'ultimo (si tratta del fenomeno del c.d. sexting. Con tale termine si intende l'invio di testi o immagini sessualmente esplicite tramite Internet o telefono cellulare).
La Suprema Corte ha confermato la sentenza di condanna dei Giudici di merito, affermando che la minore era stata vittima del fidanzato, giungendo a scattarsi quelle foto a causa delle continue vessazioni a cui veniva sottoposta dallo stesso. Tra l’altro, sempre secondo gli Ermellini, l’invio degli scatti al profilo Facebook dell’amico avrebbe concretizzato il pericolo che la condotta fosse idonea a “soddisfare il mercato dei pedofili”.
Per la Corte, va valutato, tra l'altro, anche lo stato di “soggezione psicologica in cui versa la vittima quando decide di scattarsi le fotografie erotiche”.