Le Sezioni Unite, sono state chiamate a rispondere al seguente quesito:
"Se sia possibile o meno disporre il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta o per equivalente nei confronti di beni di una persona giuridica per le violazioni tributarie commesse dal legale rappresentante o da altro organo della stessa".
Le stesse, con il seguente iter motivazionale sono quindi giunte ai principi di diritto sotto riportati ed evidenziati in grassetto (sent. 10561 dd. 30.01.2014).
La risoluzione di tale questione presuppone una disamina della disciplina della confisca del profitto di reato (e del sequestro preventivo finalizzato alla confisca stessa) nei reati tributari.
Va ricordato che il reato di omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto (D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10 ter), che si consuma con il mancato pagamento dell'imposta dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore ad Euro cinquantamila, entro la scadenza del termine per il pagamento dell'acconto relativo al periodo di imposta dell'anno successivo, non si pone in rapporto di specialità ma di progressione illecita con il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 1, che punisce con la sanzione amministrativa l'omesso versamento periodico dell'imposta entro il mese successivo a quello di maturazione del debito mensile I.V.A., con la conseguenza che al trasgressore devono essere applicate entrambe le sanzioni (Sez. U, n. 37424 del 28/03/2013, Romano, Rv. 255757).
L'art. 1, comma 143, legge 24 dicembre 2007, n. 244 prevede:
"Nei casi di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, artt. 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all'art. 322 ter c.p.".
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, in tema di reati tributari, il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, può essere disposto non soltanto per il prezzo, ma anche per il profitto del reato. (Sez. 3, n. 35807 del 07/07/2010, Bellonzi, Rv. 248618. In motivazione la Corte ha precisato che l'integrale rinvio alle disposizioni di cui all'art. 322 ter c.p., contenuto nella L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, consente di affermare che, con riferimento ai reati tributari, trova applicazione non solo il primo ma anche il comma 2, della norma codicistica).
La stessa Terza Sezione ha successivamente precisato che il principio rimane valido anche dopo le modifiche apportate all'art. 322 ter c.p., dalla L. n. 190 del 2012 (Sez. 3, n. 23108 del 23/04/2013, Nacci, Rv. 255446).
Stante l'espresso richiamo, contenuto nell'art. 322 ter c.p., alla confisca diretta, è all'evidenza applicabile altresì la confisca di cui all'art. 240 c.p., al profitto di reato.
Quanto alla determinazione del profitto in tema di reati tributari, il profitto, confiscabile anche nella forma per equivalente, è costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell'accertamento del debito tributario. (Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255036 in tema di reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11).
Nello stesso senso è stato chiarito che, in tema di reati tributari, il profitto, confiscabile anche nelle forme per equivalente, del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11, va individuato nella riduzione simulata o fraudolenta del patrimonio su cui il fisco ha diritto di soddisfarsi e, quindi, nella somma di denaro la cui sottrazione all'erario viene perseguita, non importa se con esito favorevole o meno, attesa la struttura di pericolo del reato. (Sez. 3, n. 33184 del 12/06/2013, Abrusci, Rv. 256850; conf. nn. 33185, 33186, 33187, 33188 del 2013 non massimate).
Va anzitutto sottolineato che la confisca diretta del profitto di reato è istituto ben distinto dalla confisca per equivalente.
Deve essere tenuto ben presente che la confisca del profitto, quando si tratta di denaro o di beni fungibili, non è confisca per equivalente, ma confisca diretta.
La giurisprudenza di legittimità ha infatti affermato che, nel caso in cui il profitto del reato di concussione sia costituito da denaro, è legittimamente operato in base alla prima parte dell'art. 322 ter c.p., comma 1, il sequestro preventivo di disponibilità di conto corrente dell'imputato. (Sez. 6, n. 30966 del 14/06/2007, Puliga, Rv.
236984).
Qualora il profitto tratto da taluno dei reati per i quali è prevista la confisca per equivalente sia costituito da denaro, l'adozione del sequestro preventivo non è subordinata alla verifica che le somme provengano dal delitto e siano confluite nella effettiva disponibilità dell'indagato, in quanto il denaro oggetto di ablazione deve solo equivalere all'importo che corrisponde per valore al prezzo o al profitto del reato, non sussistendo alcun nesso pertinenziale tra il reato e il bene da confiscare. (Sez. 3, n. 1261 del 25/09/2012, dep. 2013, Marseglia, Rv. 254175. Fattispecie in tema di reati tributari).
E' pertanto ammissibile il sequestro preventivo, ex art. 321 c.p.p., qualora sussistano indizi per i quali il denaro di provenienza illecita sia stato depositato in banca ovvero investito in titoli, trattandosi di assicurare ciò che proviene dal reato e che si è cercato di nascondere con il più semplice degli artifizi. (Sez. 6, n. 23773 del 25/03/2003, Madaffari, Rv. 225757).
Infatti, in tema di sequestro preventivo, nella nozione di profitto funzionale alla confisca rientrano non soltanto i beni appresi per effetto diretto ed immediato dell'illecito, ma anche ogni altra utilità che sia conseguenza, anche indiretta o mediata, dell'attività criminosa. (Sez. 2, n. 45389 del 06/11/2008, Perino, Rv. 241973).
La trasformazione che il denaro, profitto del reato, abbia subito in beni di altra natura, fungibili o infungibili, non è quindi di ostacolo al sequestro preventivo il quale ben può avere ad oggetto il bene di investimento così acquisito. Infatti il concetto di profitto o provento di reato legittimante la confisca e quindi nelle indagini preliminari, ai sensi dell'art. 321 c.p.p., comma 2, il suddetto sequestro, deve intendersi come comprensivo non soltanto dei beni che l'autore del reato apprende alla sua disponibilità per effetto diretto ed immediato dell'illecito, ma altresì di ogni altra utilità che lo stesso realizza come conseguenza anche indiretta o mediata della sua attività criminosa. (Sez. 6, n. 4114 del 21/10/1994, dep. 1995, Giacalone, Rv. 200855. Affermando siffatto principio la Cassazione ha ritenuto che legittimamente fosse stato disposto dal g.i.p. il sequestro preventivo di un appartamento che, in base ad elementi allo stato apprezzabili, era risultato acquistato con i proventi del reato di concussione).
Le Sezioni Unite avevano, del resto, ritenuto che, in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca prevista dall'art. 322- ter cod. pen., costituisce "profitto" del reato anche il bene immobile acquistato con somme di danaro illecitamente conseguite, quando l'impiego del denaro sia causalmente collegabile al reato e sia soggettivamente attribuibile all'autore di quest'ultimo. (Sez. U, n. 10280 del 25/10/2007, dep. 2008, Miragliotta, Rv. 238700: fattispecie in tema di concussione nella quale il danaro era stato richiesto da un ufficiale di p.g. per l'acquisto di un immobile).
In tutte le ipotesi sopra richiamate non si è in presenza di confisca per equivalente ma di confisca diretta del profitto di reato, possibile ai sensi dell'art. 240 c.p., ed imposta dall'art. 322 ter c.p., prima di procedere alla confisca per equivalente del profitto di reato.
La confisca del profitto di reato è possibile anche nei confronti di una persona giuridica per i reati commessi dal legale rappresentante o da altro organo della persona giuridica, quando il profitto sia rimasto nella disponibilità della stessa.
A tale riguardo va infatti rammentato che, a norma del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 6, comma 5, anche nei confronti degli enti per i quali non sia applicabile la confisca-sanzione di cui all'art. 19 dello stesso decreto per essere stati efficacemente attuati i modelli organizzativi per impedire la commissione di reati da parte dei rappresentanti dell'ente, è "comunque disposta la confisca del profitto che l'ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equivalente". Si tratta, come è evidente, di una previsione di carattere generale che impone la confisca, diretta o per equivalente, del profitto derivante da reato, secondo una prospettiva non di tipo sanzionatorio, essendo fuori discussione la "irresponsabilità" dell'ente, ma di ripristino dell'ordine economico perturbato dal reato, che comunque ha determinato una illegittima locupletazione per l'ente, ad "obiettivo" vantaggio del quale il reato è stato commesso dal suo rappresentante. Nel rimarcare la peculiarità di tale figura di confisca, infatti, la Suprema Corte non ha mancato di sottolineare che "in questo specifico caso, dovendosi - di norma - escludere un necessario profilo di intrinseca pericolosità della res oggetto di espropriazione, la confisca assume più semplicemente la fisionomia di uno strumento volto a ristabilire l'equilibrio economico alterato dal reato-presupposto, i cui effetti, appunto economici, sono comunque andati a vantaggio dell'ente collettivo, che finirebbe, in caso contrario, per conseguire (sia pure incolpevolmente) un profitto geneticamente illecito" (cfr. Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, Fisia Italimpianti s.p.a., Rv. 239925).
Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente è legittimo solo quando il reperimento dei beni costituenti il profitto del reato sia impossibile, sia pure transitoriamente, ovvero quando gli stessi non siano aggredibili per qualsiasi ragione. (Sez. 3, n. 30930 del 05/05/2009, Pierro, Rv.
244934).
Sotto questo profilo è necessario tuttavia chiarire che, versandosi in materia di misura cautelare reale, non è possibile pretendere la preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto di reato, giacchè, durante il tempo necessario per l'espletamento di tale ricerca, potrebbero essere occultati gli altri beni suscettibili di confisca per equivalente, così vanificando ogni esigenza di cautela.
Infatti, quando il sequestro interviene in una fase iniziale del procedimento, non è, di solito, ancora possibile stabilire se sia possibile o meno la confisca dei beni che costituiscono il prezzo od il profitto di reato, previa loro certa individuazione.
E' perciò legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni costituenti profitto illecito anche quando l'impossibilità del loro reperimento sia anche soltanto transitoria e reversibile, purchè sussistente al momento della richiesta e dell'adozione della misura. (Sez. 2, n. 2823 del 10/12/2008, dep. 2009, Schiattarella, Rv. 242653).
Del resto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, ex art. 322 ter c.p., del profitto del reato può essere disposto anche solo parzialmente nella forma per equivalente, qualora non tutti i beni costituenti l'utilità economica tratta dall'attività illecita risultino individuabili. (Sez. 2, n. 11590 del 09/02/2011, Sciammetta, Rv. 249883).
Si deve invece ritenere che non sia possibile la confisca per equivalente di beni della persona giuridica per reati tributari commessi da suoi organi, salva l'ipotesi in cui la persona giuridica stessa sia in concreto priva di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso cui l'amministratore agisca come effettivo titolare, come affermato in numerose pronunzie (Sez. 3, n. 42476 del 20/09/2013, Salvatori, Rv. 257353; Sez. 3, n. 42638 del 26/09/2013, Preziosi; Sez. 3, n. 42350 del 10/07/2013, Stigelbauer, Rv. 257129; Sez. 3, n. 33182 del 14/05/2013, De Salvia, Rv. 255871, già citata; Sez. 3, n. 15349 del 23/10/2012, dep. 2013, Gimeli, Rv. 254739; Sez. 3, n. 1256 del 19/09/2012, dep. 2013, Unicredit s.p.a., Rv. 254796; Sez. 3, n. 33371 del 04/07/2012, Failli; Sez. 3, n. 25774 del 14/06/2012, Amoddio, Rv. 253062; Sez. 6, n. 42703 del 12/10/2010, Giani). In una simile ipotesi, infatti, la trasmigrazione del profitto del reato in capo all'ente non si atteggia alla stregua di trasferimento effettivo di valori, ma quale espediente fraudolento non dissimile dalla figura della interposizione fittizia; con la conseguenza che il denaro o il valore trasferito devono ritenersi ancora pertinenti, sul piano sostanziale, alla disponibilità del soggetto che ha commesso il reato, in "apparente" vantaggio dell'ente ma, nella sostanza, a favore proprio.
Le Sezioni Unite non ritengono fondato il diverso orientamento espresso in talune pronunzie.
La tesi della possibilità di procedere alla confisca per equivalente in capo alla persona giuridica per reati tributari attribuiti al legale rappresentante è stata sostenuta sull'assunto che tale possibilità "deriva proprio dal rapporto organico esistente tra il soggetto indagato ... e detta società" (così Sez. 3, n. 26389 del 09/06/2011, Occhipinti, Rv. 250679), ovvero sull'assunto che "nei rapporti tra... la persona fisica, alla quale è addebitato il reato, e la persona giuridica, chiamata a risponderne, non può che valere lo stesso principio applicabile a più concorrenti nel reato stesso, secondo il quale a ciascun concorrente devono imputarsi le conseguenze di esso" (così Sez. 3, n. 17485 del 11/04/2012, Maione, n.m.).
Inoltre è stato affermato che è possibile la confisca per equivalente dei beni della società, allorchè l'autore del reato ne abbia la disponibilità (Sez. 3, n. 28731 del 07/06/2011, Società cooperativa Burlando, n.m.).
Il primo argomento trascura che il rapporto fra ente ed un suo organo, di per sè, non è suscettibile di fondare l'estensione della confisca per equivalente, che si basa su specifiche disposizioni di legge, tanto più che è persino possibile che la persona giuridica, attraverso altri organi, promuova azione di responsabilità verso il suo amministratore che l'ha esposta a responsabilità (civile) conseguente a reato.
Il secondo argomento da per presupposto quello che dovrebbe essere dimostrato e cioè che la società sia concorrente nel reato.
Nel vigente ordinamento, è prevista solo una responsabilità amministrativa e non una responsabilità penale degli enti (ai sensi del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231), sicchè comunque la società non è mai autore del reato e concorrente nello stesso.
In ogni caso il D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, che ha introdotto la responsabilità amministrativa degli enti conseguente a reato, non contempla i reati tributari fra quelli per cui è prevista tale responsabilità amministrativa della persona giuridica.
La confisca per equivalente sui beni della società non può fondarsi neppure sull'assunto che l'autore del reato ne abbia la disponibilità in quanto amministratore (salva sempre l'ipotesi in cui la società sia un mero schermo fittizio), essendo tale disponibilità nell'interesse dell'ente e non dell'amministratore.
Sul punto è sufficiente rilevare che l'eventuale appropriazione indebita di beni della persona giuridica da parte di un amministratore può integrare il reato di cui all'art. 646 c.p., aggravato ai sensi dell'art. 61 c.p., n. 11, e quindi perseguibile d'ufficio, stante la distinzione fra il patrimonio della persona giuridica e quello dei suoi amministratori.
Una volta esclusa la fondatezza di tali argomenti, è necessario verificare se vi sia una base normativa per la confisca per equivalente in capo alla persona giuridica per i reati tributari commessi dai suoi organi.
Anzitutto, come già notato, tale confisca (ed il sequestro alla stessa finalizzato) non può avvenire ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, art. 19, ove si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, atteso che l'art. 24 e ss., del citato D.Lgs. non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l'adozione del provvedimento, con esclusione dell'ipotesi in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti. (Sez. 3, n. 1256 del 19/09/2012, dep. 2013, Unicredit, Rv. 254796).
La L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143, non contiene una previsione autonoma di confisca per equivalente, ma si limita a richiamare l'art. 322 ter c.p..
La confisca per equivalente nei confronti della persona giuridica non può fondarsi neppure sull'art. 322 ter c.p., dal momento che la citata disposizione si applica all'autore del reato e, come si è detto, la persona giuridica non può essere considerata tale.
L'art. 11 della legge 16 marzo 2006, n.146, che prevede la confisca obbligatoria, anche per equivalente, per i reati di cui all'art. 3 della stessa legge, cioè i reati transnazionali, non riguarda l'ipotesi della quale ci si occupa nel presente procedimento.
Si deve altresì escludere che sia possibile una interpretazione analogica delle citate disposizioni.
L'analogia sarebbe in malam partem e come tale non consentita in sede penale.
Infatti le Sezioni Unite hanno già chiarito che la confisca per equivalente, introdotta per i reati tributari dalla L. 27 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143, ha natura eminentemente sanzionatoria (Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255037).
Le Sezioni Unite sono consapevoli che la situazione normativa delineata presenta evidenti profili di irrazionalità, oltre che per gli aspetti già segnalati nell'ordinanza di rimessione, anche perchè il mancato inserimento dei reati tributari fra quelli previsti dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, rischia di vanificare le esigenze di tutela delle entrate tributarie, a difesa delle quali è stato introdotto la L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143.
Infatti è possibile, attraverso l'intestazione alla persona giuridica di beni non direttamente riconducibili al profitto di reato, sottrarre tali beni alla confisca per equivalente, vanificando o rendendo più difficile la possibilità di recupero di beni pari all'ammontare del profitto di reato, ove lo stesso sia stato occultato e non vi sia disponibilità di beni in capo agli autori del reato. Dovendosi anche sottolineare come la stessa logica che ha mosso il legislatore nell'introdurre la disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti finisca per risultare non poco compromessa proprio dalla mancata previsione dei reati tributari tra i reati-presupposto nel d.lgs. n. 231 del 2001, considerato che, nel caso degli enti, il rappresentante che ponga in essere la condotta materiale riconducibile a quei reati non può che aver operato proprio nell'interesse ed a vantaggio dell'ente medesimo.
Tale irrazionalità non è peraltro suscettibile di essere rimossa sollevando una questione di legittimità costituzionale, alla luce della costante giurisprudenza costituzionale secondo la quale l'art. 25 Cost., comma 2, deve ritenersi ostativo all'adozione di una pronuncia additiva che comporti effetti costitutivi o peggiorativi della responsabilità penale, trattandosi di interventi riservati in via esclusiva alla discrezionalità del legislatore. (Sez. U, n. 38691 del 25/06/2009, Caruso, Rv. 244189).
Le Sezioni Unite non possono quindi che segnalare tali irrazionalità ed auspicare un intervento del legislatore, volto ad inserire i reati tributari fra quelli per i quali è configurabile responsabilità amministrativa dell'ente ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231.
Devono pertanto essere affermati, secondo le Sezioni Unite, i seguenti principi di diritto:
"E' consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica stessa, quando tale profitto (o beni direttamente riconducibili al profitto) sia nella disponibilità di tale persona giuridica".
"Non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di una persona giuridica qualora non sia stato reperito il profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa, salvo che la persona giuridica sia uno schermo fittizio".
"Non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per reati tributari da costoro commessi, quando sia possibile il sequestro finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa in capo a costoro o a persona (compresa quella giuridica) non estranea al reato".
"La impossibilità del sequestro del profitto di reato può essere anche solo transitoria, senza che sia necessaria la preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto di reato".