Un uomo era stato condannato per il reato di cui all’art. 493 ter C.P. (“Indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento”), in quanto aveva effettuato una ricarica “gratuita” del proprio smartphone, per il valore di € 10,00, utilizzando una delle schede telefoniche che erano state sottratte, da ignoti, in una tabaccheria in occasione di un furto.
Per la Corte d’Appello, in particolare, andava esclusa la ricettazione – ovverosia l’ipotesi delittuosa inizialmente contestata – poiché l’uomo non aveva effettivamente ricevuto denaro o cose provenienti da reato, ma si era limitato a digitare dei codici, fornitigli da altri soggetti.
La Corte di Cassazione (sentenza n. 21771/2022), nel rigettare il ricorso promosso dall’uomo e facendo proprie le argomentazioni espresse dalla Corte d’Appello, ha avuto modo di chiarire che “l’uso indebito della carta di credito o di analoghi strumenti di pagamento” di cui all’art. 493 ter C.P., a differenza di quanto sostenuto dal legale del ricorrente, può realizzarsi anche attraverso la disponibilità e la spendita dei relativi codici, non essendo necessario il materiale possesso del documento cartaceo o plastificato che tali codici ingloba.
Corretta, quindi, per la Corte di Cassazione, la condanna dell’uomo per il reato di cui all’art. 493 ter CP. anche a fronte della “smaterializzazione della condotta, il cui disvalore rimane integro, pur se essa risulta svincolata dalla disponibilità del supporto fisico”.