La Corte di Cassazione (sentenza n. 7513/2022) ha confermato la sentenza di condanna, per il reato di truffa, pronunciata nei confronti di un uomo che, presentatosi in televisione e sul web come “cartomante, astrologo e sensitivo” nonché come “esperto in problemi d’amore”, sostenendo di non nutrire interessi di natura economica ma di voler solamente aiutare i bisognosi, ha convinto una donna a versargli, in più occasioni, denaro in cambio di “riti magici” destinati, a detta dell’umo, a salvare la cliente da “gravi pericoli”, incluso il rischio di morte.
L’uomo, ricorrendo in Cassazione, ha tentato di sostenere che la condanna per il reato di truffa fosse errata e che il suo comportamento dovesse essere, invece, ridimensionato nel reato di “abuso della credulità popolare” (art. 661 C.P.).
La Corte, rigettando l’assunto del difensore del “mago” e confermando come detto la sentenza di condanna, ci ha ricordato che va catalogata come truffa il “comportamento di colui che, sfruttando la fama di mago, chiromante, occultista o guaritore, ingeneri nelle persone offese la convinzione dell’esistenza di gravi pericoli gravanti su di loro o sui loro familiari e, facendo credere loro di poter scongiurare i prospettati pericoli con i rituali magici da lui praticati, le induca in errore, così procurandosi l’ingiusto profitto consistente nell’incameramento di somme di denaro”.
La Cassazione, al contempo, ha quindi escluso che potessi dirsi integrato, nel caso in esame, il reato di cui all’art. 661 C.P., considerato che l’elemento costitutivo del reato in questione deve individuarsi nel “turbamento dell’ordine pubblico e nell’azione rivolta nei confronti di un numero indeterminato di persone” (nel caso in esame l’uomo non aveva effettuato comunicazioni nei confronti di un numero indeterminato di soggetti, ma bensì faceva riferimento ad una cliente specifica, prospettando alla stessa peculiari pericoli).