In tema di guida in stato d'ebbrezza, non basta, per vincere un processo, sindacare l'orario errato dello scontrino o sostenere, senza prove che l'etilometro non funzioni correttamente. Non è neppure sufficiente, senza provarlo, che il test è falsato dall'utilizzo di medicinali o dall'essere l'interessato affetto da asma.
Questi principi sono stati espressi dalla Suprema Corte, la quale ha ulteriormente specificato che allorquando l'apparecchiatura indichi "volume insufficiente" (ovvero che l'interessato ha espirato poca aria), la prova è comunque valida. O meglio: il risultato non sarà ottimale, ma sufficiente per ritenere provato lo stato d'ebbrezza. Per completezza si segnala che altre sentenze, hanno ritenuto provato il diverso reato di rifiuto di sottoporsi al test ed altre, isolate, hanno ritenuto mancante la prova dell'ebbrezza, mandando assolto l'interessato.
Il ragionamento seguito per giungere alla conferma della sentenza della condanna è il seguente:
Il senso da attribuire alla dicitura "volume insufficiente" vada ricercata nella logica e nelle disposizioni di cui al Decreto Ministeriale 22 maggio 1990, n. 196 - Regolamento recante individuazione degli strumenti e delle procedure per l'accertamento dello stato di ebbrezza (GU Serie Generale n. 171 del 24/7/1990) in vigore dal 8/8/1990.
L'allegato a tale DM disciplina analiticamente il funzionamento e le procedure relative all'impiego degli strumenti di misura della concentrazione di alcool nel sangue (i cosiddetti etilometri). Ebbene, se si vanno a leggere nel loro combinato disposto i punti 2.5, 3.5 e soprattutto il 3.5.1 dell'allegato, appare chiaro che, laddove l'apparecchio indica il risultato della misurazione - e non da' un inequivocabile messaggio di errore - la misurazione deve ritenersi correttamente effettuata, ancorché, come pure prevede esplicitamente la norma, compaia anche un "messaggio di servizio" teso ad evidenziare che l'espirazione e' stata effettuata con ridotto volume d'aria.