Occorre  rammentare che al fine della configurabilità del delitto di violenza sessuale di cui all'art. 609 bis cod. pen. ciò che rileva non è la finalità soggettiva dell'autore del reato, bensì la volontarietà dell'offesa al bene dell'integrità sessuale della persona offesa (cfr., in motivazione, Sez. 3, n. 39710 del 21/09/2011, R., Rv. 251318, nella quale è stato affermato che l'intenzionale e prolungata pressione sulla zona genitale della vittima, sia essa protetta o meno dalla biancheria, integra il reato di violenza sessuale anche nel caso in cui sia ispirata da una finalità diversa da quella a sfondo sessuale, quale, ad esempio, la volontà di umiliare la vittima o quella di vendicarsi di condotte precedenti; nel medesimo senso v. Sez. 3, n. 21020 del 28/10/2014, dep. 21/05/2015, C, Rv. 263738, relativa a fattispecie di palpeggiamenti e schiaffi sui glutei della vittima, nella quale è stato escluso che l'eventuale finalità ingiuriosa dell'agente potesse escludere la natura sessuale della condotta; nonché Sez. 3, n. 3648 del 03/10/2017, dep. 25/01/2018, T., Rv. 272449).
L'elemento soggettivo del reato di violenza sessuale è, infatti, integrato dal dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della persona offesa non consenziente, cosicché non è necessario che detto atto sia diretto al soddisfacimento dei desideri dell'agente né rilevano possibili fini ulteriori - di concupiscenza, di gioco, di mera violenza fisica o di umiliazione morale - dal medesimo perseguiti (cfr. Sez. 3, n. 4913 del 22/10/2014, dep. 03/02/2015, P., Rv. 262470; Sez. 3, n. 20754 del 17/04/2013, S., Rv. 255907; Sez. 3, n. 39718 del 17/06/2009, S., Rv. 244622; Sez. 3, n. 28815 del 09/05/2008, B., Rv. 240989).
Rimane, dunque, irrilevante il fine ulteriore dell'agente (di violenza, umiliazione, scherno o altro) quando la sua condotta sia intenzionalmente volta a invadere e compromettere la sfera di libertà sessuale della vittima di tale condotta.
La relativa indagine deve essere compiuta tenendo conto delle eventuali peculiarità del contesto nell'ambito del quale la condotta sia stata realizzata, qualora le stesse siano tali da escludere la volontà di invadere e compromettere la sfera sessuale della vittima (cfr. Sez. 3, n. 51582 del 02/03/2017, T., Rv. 272362).
Nel caso in esame, la Suprema Corte ha osservato che, è stata correttamente affermata la configurabilità del reato di violenza sessuale, evidenziando la volontaria e violenta invasione da parte dell'imputato della sfera sessuale della vittima, realizzata mediante il repentino strizzamento del seno della stessa, che ha senza dubbio comportato la compromissione della sfera sessuale della destinataria di tale condotta (avendo riguardato una parte del corpo certamente sensibile sul piano sessuale), posta in essere volontariamente dall'imputato, che era certamente consapevole del contenuto e della portata della propria condotta, e cioè del fatto che essa fosse volta a invadere la sfera sessuale della persona offesa.
Il fatto che detta condotta non avesse il fine di soddisfare istinti sessuali dell'imputato o la sua concupiscenza, bensì di offendere la vittima, nell'ambito di un acceso confronto tra essa e l'imputato, non esclude la configurabilità del reato, per la quale, come ricordato, è sufficiente il dolo generico, di volontariamente invadere o compromettere la sfera di libertà sessuale della destinataria della condotta, non occorrendo che essa sia anche volta a soddisfare la concupiscenza o il desiderio sessuale dell'agente, né assumendo rilievo assorbente il fine ulteriore dell'agente.