Un calciatore durante una partita, mentre si attendeva il recupero della palla che era finita fuori dal rettangolo di gioco, colpiva con una testata un avversario. I compagni di squadra del giocatore colpito, invocavano immediatamente l’intervento dell’arbitro affinché questi sanzionasse l’accaduto. L’arbitro, tuttavia, non prendeva alcun provvedimento disciplinare nei confronti dell’uomo poiché non aveva assistito personalmente all’aggressione.
Il calciatore, pur avendo evitato sanzioni a livello sportivo, è stato tuttavia successivamente riconosciuto responsabile del reato di lesioni personali punito dall’art. 582 C.P., avendo egli “colpito, con una violenta testata, un giocatore nel corso di un incontro calcistico”. Al calciatore veniva anche addebitato di aver volontariamente violato le regole del calcio e di essere venuto meno ai doveri di lealtà nei confronti dell’avversario.
Il giocatore ricorreva quindi innanzi alla Corte di Cassazione invocando il riconoscimento della causa di giustificazione dell’esercizio dell’attività sportiva. Il difensore dell’uomo sottolineava, a questo proposito, che la vicenda era avvenuta durante lo svolgimento della partita, e non a gioco fermo come sostenuto dal giudice di merito, e che pertanto la condotta medesima doveva considerarsi penalmente irrilevante in quanto non contraria alle regole sportive, tuttalpiù considerato che lo stesso arbitro non aveva comminato alcuna sanzione.
La Cassazione (sentenza n. 11225/2023), tuttavia, ha rigettato il ricorso promosso e ha confermato la correttezza dell’argomentare del giudice di merito. Considerata la dinamica della vicenda, per la Corte è evidente la volontarietà delle lesioni essendo le stesse avvenute a gioco fermo. Vi è, infatti, sempre a detta della Suprema Corte, una palese assenza di collegamento funzionale tra la testata e la competizione sportiva. A questo proposito, i giudici di legittimità si sono premurati di ricordare che: “in tema di competizioni sportive, non è applicabile la cosiddetta scriminante del rischio consentito qualora, nel corso di un incontro di calcio, un calciatore colpisca un avversario con un pugno al di fuori di un’azione ordinaria di gioco, trattandosi di dolosa aggressione fisica per ragioni avulse dalla peculiare dinamica sportiva”.